VISITA NISIDA

Nel mese di luglio abbiamo avuto la possibilità di visitare l'IPM di Nisida, in particolare gli ambienti dove si svolgono i laboratori. Il breve testo che presentiamo è una sintesi di quanto riportato dal Direttore e da alcuni educatori durante la visita.

Dopo il giro di visita, con alcuni educatori ed un ragazzo che conduce in IPM il laboratorio di teatro ci siamo ritrovati in uno degli uffici della palazzina dell'amministrazione (dove si trovano la direzione, la contabilità, la segreteria tecnica che si occupa dei ragazzi e la segreteria generale che si occupa del personale). Dalla conversazione con gli operatori dell'IPM sono scaturiti ulteriori elementi di riflessione sulla loro personale esperienza lavorativa con i ragazzi dell'Istituto. Si riportano quindi anche alcuni spunti tratti dai loro racconti.

L'Istituto penale di Nisida si trova in una posizione isolata rispetto al contesto urbano e non è raggiungibile con i mezzi pubblici. Al momento è in ristrutturazione ed ospita trentacinque ragazzi e sei ragazze; in condizioni normali può ospitare fino a quaranta ragazzi e quindici ragazze. Le ragazze sono di solito tutte rom, sia iugoslave che rumene. L'età media si aggira intorno ai 14/16 anni.

I ragazzi sono tutti italiani, i pochi stranieri che capitano sono di solito mandati da altri istituti e sono tutti provenienti dal Nord Africa o dall'Est Europa (di solito rom). I ragazzi stranieri, se da un lato sono quelli che più facilmente hanno successo se coinvolti in progetti di inserimento sociale e lavorativo, dall'altro comportano notevoli difficoltà per la loro situazione giuridica e/o perché sono privi del sostegno familiare. Alcuni progetti di inserimento di minori stranieri non accompagnati sono stati attuati grazie all'affidamento ad una comunità del territorio.

I reati più frequenti tra i ragazzi detenuti sono quelli contro il patrimonio e di spaccio di sostanze stupefacenti anche se sono presenti in IPM autori di reati gravi come l'omicidio. La maggior parte dei ragazzi perciò ha scontare una pena che va da uno a tre anni (fatta eccezione per i casi di omicidio).

In carcere lavorano sei educatori, uno psicologo, due consulenti psicologo. Ogni ragazzo viene affidato ad un educatore che lo prende in carico, lo indirizza, concorda un percorso educativo e formativo, rimane la sua figura di riferimento e soprattutto è il suo “contatto con l'esterno”. L'operatore relaziona al Magistrato sulla situazione e sul percorso del minore. Può capitare che il minore, soprattutto se straniero, abbia dato false generalità e non sia di fatto un minore ma le pratiche per il riconoscimento del suo reale stato anagrafico sono lunghe e di difficile attuazione. Durante i permessi i minori che non hanno una famiglia possono essere affidati ad un operatore o, d'estate, accompagnati alcuni giorni al mare.

Il rapporto guardia detenuto è di uno a dieci, il carcere è caratterizzato da ampi spazi aperti ed i ragazzi sono autorizzati a muoversi da un ambiente all'altro purché rimangano entro il campo visivo della guardia di riferimento. In alcuni casi, se il ragazzo si è conquistato una certa fiducia da parte del personale che lavora nell'IPM, grazie soprattutto al suo rispetto per le regole e per l'esempio positivo della sua condotta, può muoversi con più autonomia e senza il controllo costante di una guardia. Gli vengono allora affidate delle mansioni “di responsabilità” nell'ambito di un certo laboratorio, come quello di “agricoltura” ad esempio, e può gestire il tempo da dedicare all'attività con una certa autonomia. Alcuni di questi ragazzi, che solitamente sono quelli provenienti da famiglie più indigenti, percepiscono una piccola retta proveniente da fondi ministeriali.

Nel carcere sono attivi laboratori di giardinaggio, ceramica artistica, falegnameria (e creazione di presepi), edilizia, sartoria, teatro. Tra i prodotti, dei laboratori di ceramica ed arte presepiale, è facile riconoscere lo stile diverso di ragazzi provenienti da culture diverse. I piccoli presepi sono bellissimi e sono frutto di un lavoro certosino di intaglio, con materiali diversi vengono riprodotti piccoli paesaggi che rispecchiano il gusto personale e la creatività di ogni ragazzo. Il laboratorio è condotto da un artigiano del luogo.

Le ragazze svolgono alcune attività insieme ai ragazzi ma in passato non è stato sempre possibile, a causa di una naturale reticenza manifestata dalle ragazze rom nei confronti dei ragazzi presenti in istituto.

L'IPM possiede anche un negozio dove sono venduti i prodotti del laboratorio di ceramica ma i costi di gestione sono troppo alti comparati ai profitti. Nel negozio è stata inserita in passato come commessa una ragazza rom affiancata da un operatore. Un'altra ragazza rom che ha frequentato il corso di sartoria sarà inserita con una borsa di studio presso un ditta di confezione di abiti da sposa. I corsi sono finanziati con fondi regionali e rilasciano tutti un attestato di qualifica riconosciuto dalla Regione e quindi spendibile sul mercato del lavoro. Sono inoltre attivi corsi di alfabetizzazione ed è possibile frequentare in IPM fino alla media inferiore.

Interventi di inserimento lavorativo che possano offrire qualche garanzia di continuazione anche dopo il periodo di detenzione sono difficili da attuare considerando che la maggior parte dei ragazzi proviene da famiglie tradizionalmente inserite nel circuito della criminalità organizzata. Maggiore attenzione in questo senso è quindi dedicata a quei ragazzi che, da un valutazione del contesto culturale, economico, familiare, rivelino di offrire almeno un minimo di garanzia di “tenuta” nel tempo. Nella maggioranza dei casi, la realtà lavorativa piuttosto critica dal punto di vista delle possibilità di inserimento lavorativo, una radicata “cultura della devianza”, i meccanismi legati allo sfruttamento del lavoro minorile, il contesto familiare spesso già inserito in circuiti di “guadagno facile” e “illegale”, non lasciano molto spazio a possibilità di successo.

I ragazzi dell'IPM danno molta importanza ad alcuni oggetti o capi di vestiario di marca che per loro possono assumere un'alta valenza simbolica. Non è permesso portare oggetti personali di valore che facilmente possono assumere valore di oggetti “status” quali collanine e bracciali d'oro. È stata fatta eccezione per un ragazzo al quale è stato concesso di indossare una collanina sottile con un ciondolo, ricordo del padre morto. Anche capi di vestiario, quali scarpe da ginnastica di una nota marca, il cui valore si aggira intorno ai 200 euro, possono assumere valore di “oggetti-simbolo di prestigio sociale” e contribuire a creare disparità tra i ragazzi.

In carcere sono presenti ragazzi che fanno uso di sostanze stupefacenti ma resta difficile il coinvolgimento del SerT e dei Servizi territoriali in progetti integrati di recupero perché di solito viene sottovalutato il tipo di dipendenza.

Inoltre difficilmente i ragazzi che fanno uso di sostanze e sono in carcere si sono rivolte al Sert in passato per cui risulta di difficile attuazione la presa in carico durante il periodo di detenzione. Va considerato infine che la maggior parte dei ragazzi preferiscono la detenzione in carcere ad un inserimento terapeutico in comunità a causa della maggiore stigmatizzazione che può derivare da un loro inserimento in questo secondo tipo di percorso.

 

Risorse del territorio e collaborazioni attivate

Esiste un équipe interna ossia l'educatore e lo psicologo con i quali il ragazzo è sempre in rapporto. Noi non interveniamo durante i processi ma relazioniamo. Quindi il Magistrato è a conoscenza di tutto quello che accade, lui viene messo al corrente momento per momento dell'evoluzione o magari anche dell'involuzione del ragazzo. Praticamente siamo come “gli occhi e le orecchie del Magistrato all'interno del carcere”.

Quando decidiamo i progetti per i ragazzi viene convocata l'équipe, alla quale partecipano ovviamente l'educatore e lo psicologo, poi c'è l'agente del reparto che diciamo è “un occhio in più”, che ci può far capire meglio come il ragazzo si relaziona all'interno del gruppo, perché noi non siamo sempre con il ragazzo e non possiamo vederlo in tutti i momenti. Poi c'è l'assistente sociale che invece ha contatti principalmente con la famiglia e quindi, con il suo contributo all'équipe, completa le informazioni che si hanno riguardo al ragazzo.

 

Collaboriamo prevalentemente con l'U.S.S.M.. Con il Ser.T poco perché i collocamenti in comunità dal Ser.T sono stati proposti sempre e solo direttamente ai ragazzi senza mai concordare la cosa con noi e questa credo non sia la giusta modalità di lavoro. Poi c'è anche il problema che quando viene portato il ragazzo in comunità terapeutica gli deve pagare la retta il Ser.T di appartenenza. Se i ragazzi non sono conosciuti dal loro Ser.T perché non ci sono mai andati, non c'è modalità di accertare il famoso stato di tossicodipendenza.

Esiste anche un progetto all'esterno di prevenzione per i ragazzi a rischio, il progetto “Chance” e prevede il recupero dei ragazzi di strada. I ragazzi possono conseguire la licenza media, vengono inseriti in un percorso educativo speciale e fanno molte attività pratiche.

So di persone che sono state seguite anche fuori, dopo il periodo di detenzione, ma sono casi molto rari, anche perché molto dipende dall'ex detenuto stesso, è lì che si vede al volontà reale di riscattarsi.

Il laboratorio di teatro

Il laboratorio di teatro è finanziato dalla Regione ed è gestito da un'associazione. Alcuni dei ragazzi che vi partecipano sono loro stessi i primi interessati a frequentarlo. Altri vengono consigliati dagli educatori, comunque la cosa è sempre mediata dagli educatori, perché conoscono i ragazzi, li seguono, cercano di capire cosa gli interessa e cosa è più adatto per loro. Alcuni ragazzi vediamo che sono riusciti ad ottenere buoni risultati, soprattutto in questo laboratorio riescono a “sciogliersi”, ad aprirsi.

Il problema reale è il prodotto finito. Vuol dire che posso lavorare “in astratto”, proporre esercizi e vedere i ragazzi come reagiscono…il punto è che mentre i laboratori come quello di pittura, falegnameria, giardinaggio, danno un prodotto finito, cioè i ragazzi ottengono un risultato, possono dire “questo l'ho fatto io”, per quello di teatro è diverso.

Ti spiego. I ragazzi mi prendono e mi portano a far vedere come hanno imbiancato le pareti. Per loro questo è un risultato concreto; certo anche quando si fa lo spettacolo i ragazzi hanno un ritorno a livello emozionale molto forte ma, finché non lo fanno, per loro vuol dire lavorare in astratto. Non concepiscono il lavoro come “allenamento”, anche a livello di gioco è difficile che riescano a sciogliersi. E questo è vero per i ragazzi dei carceri minorili come è vero per quelli di un liceo scientifico. Anche per le istituzioni spesso tu semplicemente fai uno spettacolo, perché lo spettacolo ha un ritorno a più livelli, la stampa, la televisione, un ritorno di immagine intendo, non sempre si vede anche il lavoro che c'è prima.

I ragazzi hanno una loro scala di valori; il concetto di omicidio, paradossalmente, li avvicina di più a Shakespeare, alcune cose presentate, come sono presentate, le sentono vicine. C'è stato un ragazzo che su un personaggio ha commentato “A lui non interessava la vendetta, a lui interessava che loro capissero l'errore”. Le stesse storie che presentiamo i ragazzi le sentono vere, fanno paragoni con la loro esperienza.

Ci sono ragazzi che scoprono di avere meno problemi a parlare, che scoprono di poter avere fiducia in qualcuno. A volte sono in grado di cogliere anche aspetti prettamente tecnici. Ad esempio c'è capitato di vedere un film insieme ed uno dei ragazzi che mi ha commentato “hai visto questa scena? È come quell'altra di cui abbiamo parlato…Questi prima corrono, poi si fermano ed una volta fermi dicono la battuta”. Sono piccoli segnali che però ti fanno capire che delle cose restano.

Credo che la vera utilità per i ragazzi del laboratorio teatrale e dei laboratori in genere, sia la possibilità di fare un'esperienza che altrimenti non gli sarebbe offerta. In quei momenti sono fuori dalla routine di rapine o spaccio alla quale sono abituati. Scoprono un contatto con persone che fanno delle cose per mestiere e soprattutto con il teatro non si tratta di televisione o spettacolo, di uno “show”. Non stanno lì col telecomando a gestire la cosa.

Il contesto familiare dei ragazzi detenuti: le modalità di intervento

Per quanto riguarda i ragazzi italiani la famiglia c'è, anche se si tratta di una famiglia sempre problematica nel senso che ad esempio il padre è già stato o sta in galera e la mamma si “arrabatta”. Come dire, sono persone che hanno già le loro difficoltà e quindi sul loro supporto si può contare ben poco. Poi bisogna considerare che tra i ragazzi il tasso di recidiva è altissimo, sono quasi sempre ragazzi che hanno già sperimentato altre misure prima della detenzione che si sono poi rivelate fallimentari. Un ragazzo al primo reato difficilmente lo troverai in carcere tranne che non si tratti di un reato grave.

I ragazzi italiani alle spalle hanno le famiglie, e spesso non hanno alcuno stimolo a tirarsi davvero fuori, alle famiglie sono “utili” così, un ragazzo che spaccia guadagna pure tremila euro al giorno. Capitano ragazzi che a 16 anni controllano anche “dieci piazze”. Quindi con i napoletani è difficile.

Quando c'è una situazione così strutturata alle spalle del ragazzo è davvero difficile. Ci sono casi sui quali forse si potrebbe fare..ma è difficile, e qui vengono forse a mancare le strutture esterne..anche perché il ragazzo napoletano è difficile che si adatti a fare dei lavori diciamo “umili” a differenza di un ragazzo straniero che magari può avere altre aspettative.

Con i ragazzi stranieri va fatto un altro tipo di discorso. Non puoi contare sulla famiglia per altri motivi e cioè perché è completamente inesistente. Però quando il ragazzo straniero decide realmente di volersi riscattare è quello che con più probabilità riuscirà. Anche perché bisogna considerare che i ragazzi stranieri che vengono qua provengono tutti dal nord Italia per cui per loro è facile far perdere le tracce se vogliono allontanarsi da un ambiente deviante. Poi molti “dicono” di essere minori ma in effetti non sempre è possibile appurare se questo è vero. L'iter per l'accertamento della maggiore età è molto lungo e va richiesto dalla magistratura.

Abbiamo saputo di un ragazzo che aveva addirittura ventinove anni. L'aspetto ti aiuta, diciamo che aveva un aspetto da adolescente. Non disponendo di documenti è più facile nascondere la maggiore età. Poi di solito la verità comunque si scopre perché una volta che il ragazzo è stato inserito in un programma di riabilitazione ed intravede una possibilità di regolarizzazione della sua posizione sul territorio, ha tutto l'interesse a rivelare la sua vera età.

Adesso un nostro collega si sta occupando del caso di un ragazzo senza documenti. C'è l'articolo 18 che è proprio a favore dei ragazzi stranieri però devono poter dimostrare di aver aderito in pieno al programma trattamentale che deve prevedere un'attività di recupero scolastico, un attività di lavoro ecc.

Noi abbiamo la possibilità di affidarli alle comunità del comune di Napoli e questo è molto positivo. La stessa ragazza inserita al lavoro di cui ti parlavamo prima, ha avuto il supporto di una comunità ed è riuscita ad avere il permesso di soggiorno.

Comunque sono pochi i ragazzi che riescono ad ottenere la regolarizzazione, anche se è vero, se un ragazzo straniero si impegna, decide di cambiare vita, di solito è molto determinato e si impegna fino alla fine, ha quindi buone possibilità di riuscita.

Difficoltà di intervento con i ragazzi detenuti

La percentuale di ragazzi che riesce davvero a “tirarsi fuori” è molto bassa anche perché per molti ragazzi che sono qui e che provengono da certi contesti familiari “particolari”, passare agli “adulti” è come acquistare punti, “gradi”. Per alcuni è un ambizione.

Comunque dipende sempre dalla persona. Tu gli dai un lavoro ad esempio, ma quanto lo pagano? 700/800 euro al mese? Lui li guadagna a settimana. Mi ricordo c'era un ragazzo l'anno scorso…gli raccontai che mi avevano scippato. Mi ha chiesto “Quanto ti hanno preso?” ed io gli ho risposto che avevo 25 euro. Ha commentato che allora “si erano fatti poco”. Io gli ho chiesto cosa significasse “poco” per lui, perché per me 25 euro non erano una somma indifferente, che volendo ci potevo vivere una settimana. Lui mi ha risposto che in una notte si “faceva” anche mille, duemila euro.

È facile essere tranquilli all'interno del carcere. Alcuni ragazzi vedono Nisida come un college americano dove mangi, dormi e giochi a pallone. Il problema vero è quando escono, cosa trovano fuori, che opportunità hanno.

È la scala dei valori che è sballata. Hanno valori diversi; “diventare uomini” vuol dire passare a Poggioreale. Perché loro dopo i diciotto anni, se vogliono, possono passare agli adulti. Molti lo richiedono perché lì ritrovano il padre…lo zio…il nonno…il fratello…il cugino…la mamma,…Capisci?. Per alcuni è così, però ti posso dire che abbiamo anche ragazzi che hanno scontato due anni a Poggioreale e poi sono venuti qua. Perché quando il reato è compiuto da minorenne, si ha la facoltà di scegliere dove scontare al pena.

Il ritorno di un ragazzo da Poggioreale è deleterio, uno va agli adulti e poi ritorna qui, si creano delle dinamiche distorte nel gruppo dei ragazzi, quelli che tornano da Poggioreale sono visti diversamente dagli altri ragazzi.

Sembra assurdo ma spesso si verifica che è più facile riuscire a recuperare ragazzi che hanno commesso reati più gravi. Soprattutto quelli che hanno commesso reati di “impeto”, come l'omicidio, perché non hanno un vera e propria “struttura delinquenziale”. La difficoltà è che sono ragazzi che devono scontare delle pene lunghissime. Ne abbiamo uno che deve scontare sedici anni. È un ragazzo molto valido. Durante una lite ha difeso la ragazza che era stata offesa. Ha ammazzato un ragazzo di diciotto anni. Però se lo vedi…”è un pezzo di pane”. Non ha un passato delinquenziale e questo conta; è molto educato, si comporta bene sappiamo che si è occupato da solo della mamma gravemente malata quando aveva solo dieci anni.

 

I rapporti tra i ragazzi

La situazione è molto complessa. La presenza di ragazzi stranieri è un fenomeno recente. Mentre al nord la maggior parte dei ragazzi reclusi sono stranieri, qui abbiamo il fenomeno inverso, sono quasi tutti napoletani e solo da poco abbiamo cominciato ad avere anche ragazzi stranieri. Questo genera delle problematiche nuove ma considera che per i ragazzi di qui lo straniero è anche chi viene da Palermo, chiunque insomma non sia “di qua”.

Fanno differenza anche tra Napoli/centro e Napoli/periferia. Considera che quando arriva un ragazzo dello stesso “quartiere”, loro dicono “e arrivato un mio paesano”. Il senso di appartenenza è diverso.

 

Per i ragazzi stranieri cambia da caso a caso; l'accettazione o la non accettazione spesso dipendono da altri fattori. Ci sono stranieri che comunque sono dei leader. Abbiamo avuto un ragazzo straniero che si imponeva anche sui napoletani ma non era un leader negativo, anzi. Non ha mai imposto la forza, era un ragazzo che non stava mai fermo, “una mente pensante”, molto intelligente. Ci è stato mandato da un IPM del nord, come la maggior parte degli stranieri che arrivano qui. So che aveva avuto un provvedimento di “messa alla prova”.

 

I tribunali di competenza anche se un ragazzo viene mandato qui rimangono però quelli del nord, quindi i ragazzi non vengono giudicati qui. Noi relazioniamo però sul periodo che il ragazzo ha trascorso qua. Questo ragazzo è stato seguito da me ma ha fatto la messa alla prova in una città del nord dove viveva la madre.

 

La vita comunitaria è difficile, c'è sempre quello che cerca di imporsi agli altri, quello che subisce di più, in genere si tratta di capire quali sono le figure leader. Può essere anche una figura positiva ed allora cerchiamo di lavorare su questo.

Anche indossare roba di valore più creare disparità tra i ragazzi e quindi problemi. Cerchiamo quindi di evitare che oggetti particolari contribuiscano a creare uno “status” di un certo tipo. I ragazzi devono essere tutti uguali. Poi devi stare attento ad altre cose che possono rappresentare oggetti “simbolo”, ad esempio ci sono scarpe della Nike che costano duecento euro. A loro piace vestire, apparire, usare abiti di marca. Di questo magari soffrono di più i ragazzi stranieri che è difficile abbiano qualcosa, però trovi pure italiani che regalano le loro cose agli stranieri. Sabato e domenica abbiamo fatto ripulire tutto il piazzale, lo hanno fatto due ragazzi rumeni e gli sono stati dati venticinque euro, come premio.

Ieri sera mi hanno chiamato alle sei perché si stavano “prendendo a morsi”, per una sciocchezza, uno aveva chiesto le sigarette, l'altro si è “girato male” ed hanno cominciato a litigare. Ma sono cose che tra ragazzi possono succedere anche fuori non dipendono dal fatto che sono qui in IPM

Ci possono essere aggressioni gravi commissionate, qualche leader magari manda qualcun altro, non vanno di persona. Sono sempre ragazzini che atteggino ad adulti, certo noi cerchiamo di arginare le situazioni critiche ma non è facile.

 

Rapporti dei ragazzi con gli agenti e con gli educatori

Molto dipende dall'agente, alcuni hanno un ottimo rapporto. Gli agenti che sono qui dovrebbero far parte di un personale scelto. Hanno fatto un corso particolare per stare con i minorenni organizzato dal Ministero. Anche noi abbiamo fatto un corso quando siamo entrati, ma è teoria. Questo non vuol dire che io disconosca l'importanza di un apporto teorico ma con i ragazzi dipende molto da te. Non devi mai eccedere in un senso, non puoi essere troppo in un modo e nemmeno troppo in quell'altro. Io non ho difficoltà con i ragazzi, non ho problemi con loro, penso che l'importante sia il rispetto dei ruoli, se poi uno non li fa rispettare, si comporta in maniera diversa, diventa difficile per tutti gli altri che ci lavorano.

I ragazzi non hanno motivo di scontrarsi con gli operatori perché noi siamo per loro diciamo il contatto con l'esterno. Con noi, anzi hanno tutto l'interesse a mostrarsi “bravi ragazzi”.

C'è un ragazzo, al quale piace leggere, che viene a chiedermi cosa deve leggere, se posso consigliargli un libro. Sono persone che a stento hanno la licenza media. Però magari si impegnano e vogliono leggere. Poi soprattutto non puoi sbagliare. Devi essere sempre corretto e se gli dici una cosa vuol dire che la devi fare altrimenti comprometti tutto.

 

Ragazzi con problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti

Ci sono ragazzi che fanno uso di sostanze. Anche se il “vero spacciatore”, è quello che non si fa o comunque fa uso di droghe leggere. Alcuni di loro dicono che avendo la roba tra le mani è inevitabile, soprattutto la cocaina…provarla. Ma nella maggior parte non sono consumatori abituali, soprattutto la vendono. Come ad esempio da queste parte non consumano abitualmente pasticche.

Naturalmente hashish, cocaina, cobret…che è quello che resta della raffinazione della cocaina, sono palline o pasticche e una dose costa dieci euro, quindi è alla portata di tutti. Però come assuefazione e come dipendenza è la stessa dell'eroina. Sono delle palline che vengono sciolte con il calore quindi la sostanza è fumata o inalata. Poi qui è molto diffusa anche quella che chiamano “a buttigliella”. Sarebbe una bottiglietta di acqua minerale, quella da mezzo litro, riempita d'acqua, viene fatto un cono molto particolare e si mette la cocaina in questo conetto di carta argentata, si riscalda e si respira.

INDIETRO