Una giornata all'I.P.M. di Airola

Il dieci agosto visitiamo l'I.P.M. di Airola. Da qualche mese avevamo stabilito contatti con gli educatori e la direttrice che sono stati coinvolti nel progetto ed hanno inviato, come gli altri I.P.M., una relazione informativa sulle loro attività, rendendosi anche disponibili per un contatto diretto.

Airola è un paese del casertano e l'Istituto si trova proprio in centro, le grosse finestre del palazzo storico si affacciano infatti su una strada principale. Quando arrivo ormai sono tutti informati, ho chiamato più volte per avere indicazioni sulla strada, mi accolgono le guardie e poi l'educatore con il quale ho parlato più spesso per telefono, “Bene” mi dice “allora passerà una giornata qui, abbiamo già informato al mensa, così potrà rendersi conto di come si lavora qui da noi…anche se per capirlo davvero, non le basterebbe qualche settimana!”.

Vengo accompagnata dalla direttrice, la Dottoressa Mariangela Cirigliano, che mi presenta altri due educatori con i quali iniziamo il giro dell'Istituto. Mi mostrano i cortili, il campetto, il teatro, la chiesa, la stanzetta dei colloqui, l'ufficio matricole, e poi al piano superiore gli uffici del personale, le stanze dei laboratori, le aule scolastiche, l'ufficio dei dipendenti regionali, la biblioteca. Mi spiegano che i ragazzi dormono in due sezioni diverse, una per minorenni ed una per maggiorenni.

Più tardi incrociamo un gruppo di ragazzi che sono tornati dal corso esterno per pizzaiolo panificatore, si avvicinano e sono curiosi, fanno domande, vogliono sapere chi sono e cosa ci faccio lì. La direttrice chiede loro di raccontarmi cosa fanno ed uno dei ragazzi, un maggiorenne, mi rilascia una breve intervista.

L'I.P.M. nel suo complesso mi colpisce molto, non solo è un bellissimo edificio storico, ma tutti gli ambienti sono arredati con gusto, pieni di colori, tenuti con estrema cura, perfino la mensa. Vicino le grandi scale che portano ai piani superiori ci sono le macchine da cucire restaurate delle ragazze che un tempo vivevano qui, il giardino è curato, le aule scolastiche hanno gli infissi colorati di azzurro, alle pareti dei corridoi, negli uffici, nella saletta colloqui, ci sono foto degli spettacoli e i lavori dei ragazzi. Tra la direttrice, gli educatori, il personale amministrativo sembra ci sia un rapporto di grande confidenza e allo stesso tempo di rispetto. Prima di andare a mensa , la direttrice mi affida ad uno degli educatori, il dott. Carlo Santagata, che mi parla un po' del suo lavoro all' I.P.M. di Airola.

 

Intervista al dott. Carlo Santagata, educatore presso L'I.P.M. di Airola

Mi parleresti del tuo lavoro con i ragazzi dell'I.P.M.?

Io faccio l'educatore in questo I.P.M. da tre anni, prima lavoravo come educatore in un altro I.P.M.. Innanzitutto vorrei dire che io considero la legislazione minorile italiana una delle migliori per le opportunità che offre; bisogna tener presente che entrano nel circuito della Giustizia minorile ogni anno centinaia di ragazzi e solo una piccola parte di loro finisce in carcere. Ci finiscono i ragazzi che hanno commesso reati molto gravi o che sono recidivi, il carcere è l'ultima opzione dopo che sono già state applicate altre misure per il recupero come il perdono giudiziale, la permanenza in casa o in comunità, insomma in carcere il ragazzo finisce solo quando le altre misure si sono rivelate inefficaci nel tempo.

Quindi noi ci ritroviamo a lavorare con ragazzi che sono i più difficili al recupero. Riuscire a recuperare qualcuno di loro, cosa che in molti casi avviene, deve essere considerato un grande successo e deve essere tenuto in conto che è un lavoro di équipe, di collaborazione con i nostri colleghi che lavorano ad esempio nelle comunità o nei servizi sociali del Ministero e del territorio. Come dicevo, io ho lavorato anche in un altro I.P.M. ma la mia esperienza ad Airola è molto diversa perché la stragrande maggioranza dell'utenza è italiana. Si è consolidata negli anni una pratica di lavoro diversa grazie al fatto che i ragazzi avevano riferimenti sul territorio. Poi c'è da dire che il nostro magistrato di sorveglianza è molto presente.

Mi puoi fare un esempio?

Ad esempio interviene periodicamente, viene in istituto, parla con i ragazzi, è sempre in rapporto con noi, vuole essere sempre informato. Due anni fa mi è capitato di seguire un ragazzo che era al secondo anno di studi in un istituto alberghiero di un paese qui vicino, non andava tanto bene a scuola. Il magistrato mi disse: “Va bene non importa, mandatemelo a Napoli”. Lo mandammo ed il Magistrato personalmente gli parlò, voleva sapere perché si comportava così, volle vedere i voti del primo quadrimestre, gli fece una piccola “ramanzina”, gli chiese perché non si stava impegnando, gli disse che voleva vedere cambiare i voti nel secondo quadrimestre…insomma…capisci?”.

A me è sembrato di capire che anche fra di voi educatori, la stessa direttrice, ma anche il resto del personale ci sia un legame molto forte; ho visto come si comportavano con voi gli stessi ragazzi, la direttrice li conosce tutti ad uno ad uno.

Sì, infatti. Noi abbiamo questa grande fortuna che la direttrice è una ex collega per cui non ci sono né rivalità ne altro, è così, c'è un buon rapporto tra il personale civile. Forse è un po' diverso con alcuni agenti di polizia penitenziaria ma perché loro hanno un'altra funzione, un altro compito. Spesso ci vedono anche come rivali, come antagonisti in certe piccole cose ma questo è normale e succede in tutti gli istituti penali.

Questo capita sia perché c'è una differenza di formazione, di solito il personale civile ha un titolo di studi più alto, ad esempio noi quattro operatori siamo tutti laureati. Qualche agente invece ha la licenza media o addirittura la licenza elementare, succede ultimamente, con i ragazzi più giovani che invece siano tutti diplomati. Per questo c'è sempre questa piccola rivalità tra il personale educativo che anche per formazione tende a cercare di aiutare il ragazzo, ed il personale di polizia che comunque deve rispettare il suo ruolo che è soprattutto di mantenimento della sicurezza e di contenimento.

Bisogna dire che c'è anche però un buon livello di collaborazione, molti agenti sono molto disponibili, hanno saputo negli anni anche rivedere il proprio ruolo. È capitato per alcuni di essere partiti venti anni fa dal ruolo di secondini o di agenti penitenziari dove …la legge…il loro ruolo…era particolare, poi con il tempo hanno saputo rivedere la loro immagine, sono più collaborativi, capiscono che l'intervento educativo è importante non solo per noi ma anche per loro; soprattutto le informazioni che loro ci forniscono sul comportamento del ragazzo sono fondamentali. Capita che il ragazzo affronti i momenti di maggiore difficoltà e più critici di sera o di notte, e spesso noi non siamo presenti.

In che modo voi rendete partecipi gli agenti del vostro ruolo educativo?

È capitato di far partecipare gli agenti all'équipe ad esempio. Almeno io periodicamente scambio informazioni con gli agenti, spesso loro stessi mi vengono a dire se è successo qualcosa di importante mentre non eravamo presenti, completano le informazioni sul ragazzo. Ci possono dire se il ragazzo non sta bene o secondo loro sta passando un periodo difficile o se al contrario si sta impegnando ed ha fatto dei cambiamenti in positivo. Insomma…

Frequentano periodicamente corsi di formazione sia gli educatori che le guardie?.

Non sono periodici ma molto, “sporadici” e di solito riguardano tematiche specifiche.

Ad esempio?

Io ho seguito due corsi sulle “nuove utenze”, ossia i rom, i nord africani, anche se oramai sono dieci anni che fanno parte delle nuove utenze. Corsi di formazione professionale no, non ne ho seguiti.

A te su cosa piacerebbe avere maggiori informazioni ad esempio?.

Non è tanto quello che interessa a me, perché poi gli interessi privati….Diciamo che noi operatori dovremmo adeguarci all'utenza, per cui se l'utenza cambia dovrebbe cambiare la nostra formazione. Noi per esempio ci troviamo in grossa difficoltà con l'utenza straniera, non tanto per i rom perché i rom hanno sempre riferimenti territoriali, vivono in campi attrezzati e sono conosciuti o dall'Opera Nomadi o dagli assistenti sociali ministeriali. A volte sono gli albanesi o i rumeni a crearci difficoltà ma perché non riusciamo ad avere riferimenti sul territorio.

Perché sono minori stranieri non accompagnati?.

Sì, perché sono minori stranieri non accompagnati. Quando sono accompagnati, riusciamo a risalire ai loro parenti e a creare una rete ma se sono non accompagnati sono un problema perché è più difficile fare un piano di trattamento. Nell'altro Istituto in cui ho lavorato, dove la maggior parte dell'utenza era straniera, in cinque anni ho fatto un solo piano di trattamento. Non so se ti hanno spiegato cos'è un piano di trattamento. Cioè per ragazzi che diventano definitivi la legge prevede che entro nove mesi abbiano un programma di trattamento ossia il percorso che si prevede per lui da quando diventa definitivo alla sua fuoriuscita dal carcere. Ad esempio noi abbiamo cinque ragazzi con un piano di trattamento esterno e ne sono già pronti altri quattro perché abbiamo altri quattro ragazzi che stanno per diventare definitivi. Insomma in trentasei mesi qui ad Airola ho fatto già sei o sette piani di trattamento. Insomma…

Chi stabilisce il piano di trattamento?.

Noi educatori. Certo, l'assistente sociale e la psicologa danno un contributo fondamentale, non si fa da soli, ma la stesura e la firma è dell'educatore anche se collabora tutta l'équipe.

Quanto è incisivo il ruolo dell'USSM?.

Molto, soprattutto quando l'utenza è italiana, ad esempio noi operatori di norma non usciamo all'esterno per stabilire contatti con le famiglie o vedere il contesto di riferimento del ragazzo. Questo lo fa l'assistente sociale. Ad esempio la legge stabilisce che vada tenuto conto della personalità del ragazzo ma qui bisogna scindere. Una cosa è l'osservazione del ragazzo all'interno del carcere che è compito dell'educatore, altro elemento è l'osservazione ed il giudizio che può esprimere una psicologa e altro ancora sono le informazioni che ci provengono dal contesto esterno di riferimento del ragazzo e quindi dall'assistente sociale.

Poi magari il ragazzo vorrà anche un permesso premio e passare del tempo con i propri familiari. La legge prevede venti giorni di permesso premio ogni sei mesi. Quindi se si vuole mandare un ragazzo per un periodo a casa bisogna vedere che situazione trova e se questa non influisce negativamente sul programma che è stabilito per lui. Queste informazioni le possiamo avere solo collaborando con l'assistente sociale. Quindi le assistenti sociali vanno a casa, parlano con i familiari, guardano il contesto che circonda il ragazzo e forniscono una relazione.

Quindi tutti i ragazzi presenti da voi sono anche in carico all'USSM?

Sì, sì sì. Addirittura, visto i cambiamenti ultimi del tipo di utenza, c'è un assistente sociale di riferimento per gli stranieri non accompagnati.

E vengono stabiliti piani di trattamento anche per stranieri?. Come vi regolate con quelli non accompagnati?.

Certo. I minori non accompagnati non potranno avere magari permessi premio ma questo non significa che non si possano fare attività extramurarie. Noi portiamo i ragazzi a giocare a pallone fuori, ad assistere a delle iniziative oppure in piscina ad esempio. Tra i cinque lavoranti esterni c'è ad esempio uno straniero di Casablanca che ora è definitivo e lo seguo io. Lui sta facendo il restauratore perché amava tantissimo il legno e lavora all'esterno in un laboratorio di restauro legno qui di Airola. Il datore di lavoro ha fatto qui un corso di restauratore. Certo questo ragazzo non ha i documenti per cui non potrà usufruire dei permessi premio però può lavorare all'esterno.

Sì ma come farete con il permesso e per inserirlo al lavoro un domani?.

Beh questo è il lavoro nostro. Io ho un programma per lui che se va tutto bene potrà permettere il totale reinserimento sociale. Certo poi uno scommette pure sulle cose. Abbiamo una serie di agenzie sul territorio, abbiamo la fortuna di avere una cooperativa, la Dedalus , che a chiamata offre mediazione culturale. La stessa cooperativa ha fatto anche dei progetti per il reinserimento di minori non accompagnati. Napoli ha un protocollo di collaborazione con un a cooperativa di Napoli.

Quindi sono regolarizzati tramite affido?.

Sì.

Avete dei contatti qui?.

No. Questo è il grande problema che abbiamo noi in particolare. I minori che sono dimessi nelle grandi città non hanno difficoltà perché vengono collocati in una comunità o in una struttura protetta, di solito ci sono accordi con comunità che accolgono minori a rischio tra cui anche minori non accompagnati. Per noi è più difficile anche per l'età, cerchiamo di lavorarci quando non sono ancora maggiorenni. Quando sono maggiorenni c'è poi l'articolo 18 della Legge Quadro, anche i ragazzi che hanno compiuto i 18 anni e che hanno commesso reato hanno diritto al rilascio dei documenti, per cui su questo riusciamo a lavorare.

Abbiamo ad esempio un ragazzo marocchino che ha finito la pena, è rimasto in comunità e lavora presso una cooperativa in segreteria. Gli era stata data una borsa lavoro e poi si è fatta la richiesta di permesso con l'articolo 18. Da poco gli è stato anche rinnovato. Ora lavora in questa cooperativa in segreteria. Certo stiamo partendo ora con questo nuovo tipo di utenza, ce ne capitano uno o due all'anno. Poi dobbiamo cercare la collaborazione di centri di accoglienza del napoletano perché nel beneventano non c'è nulla e le nostre possibilità di collaborazione sono piuttosto ridotte anche se cerchiamo di fare del nostro meglio. Benevento non ha tanti problemi di devianza minorile e soprattutto di minori non accompagnati. Anche gli italiani della provincia di Benevento sono pochissimi, per la maggior parte provengono dal napoletano.

Vuoi aggiungere qualcos'altro sul lavoro all'esterno?

Noi diamo molta importanza al lavoro all'esterno, è come se i ragazzi quando vanno al lavoro fuori acquisissero un altro “status”. Non partecipano più alle attività dei ragazzi all'interno; ti abbiamo detto che i ragazzi sono divisi in due sezioni, una per minorenni e l'altra per maggiorenni, i lavoranti esterni non vivono con gli altri, vivono in un'altra stanza che non è a contatto con le sezioni. Mangiano ad orario diverso, hanno l'ora d'aria in orario diverso, non hanno contatti con quelli che seguono un programma di trattamento interno. Noi pensiamo che uscendo fuori, avendo questo “privilegio”, possano essere sottoposti a pressioni dal gruppo interno, che so, richieste di mandare lettere, cartoline, fare telefonate…per cui i nostri lavoranti esterni non hanno contatti con loro. E questo serve anche a stimolarli di più.

Prima mi parlavi di del tuo lavoro prima di essere trasferito qui ad Airola….Quali sono le principali differenze che hai riscontrato?.

Il fatto è che l'Italia è spaccata in due. Gli I.P.M. del centro e del nord hanno la stragrande maggioranza di utenza straniera. Sono soprattutto minorenni e minorenni non accompagnati. Al sud continuiamo ad avere la maggior parte dell'utenza italiana. Nell'altro Istituto riuscivamo a fare delle buone cose con i minori stranieri; le difficoltà erano tante ma per gli inserimenti era più facile. L'Istituto aveva fatto un Protocollo di Intesa col Comune che aveva un referente per l'IMP per le borse lavoro. Se c'era un ragazzo in condizione di lavorare all'esterno io chiedevo al ragazzo che tipo di lavoro preferisse fare, chiamavo la referente del comune e lei in un paio di giorni attraverso la banca dati era in grado di darmi due o tre indirizzi di ditte del settore disposte ad accogliere ragazzi dell'IMP. Io contattavo la ditta, andavo a parlarci, e stabilivo un programma di lavoro per il ragazzo. Ad esempio avevamo contatti con un cooperativa che organizzava corsi nell'ambito della ristorazione.

Noi qui invece abbiamo difficoltà a reperire le risorse perché siamo in un piccolo paesino e dobbiamo fare con quello che abbiamo. Cerchiamo di contattare le persone, facciamo tutto piano piano, prima le conosciamo, poi gli parliamo di quello che facciamo, poi vediamo se è il caso di approfondire e se sono disposti ad accogliere qualche ragazzo. Di solito si appassionano e per i ragazzi è una possibilità importantissima di uscire all'esterno e di imparare un mestiere. Se riescono a fare un corso regionale ad esempio e a fare pratica, dopo ci sono buone possibilità di essere assunti.

Quanto incide sul “dopo carcere” il lavoro che riuscite a fare con i ragazzi?

Credo che sia molto decisivo, del resto dipende da quanto tempo i ragazzi passano qui. Con qualche ragazzo riusciamo a fare davvero un buon programma. Quando trascorrono molto tempo in istituto si affezionano. Il ragazzo con cui hai parlato prima è stato già due volte in un altro istituto, ha un passato da tossicodipendente, ha una pena sospesa agli adulti. È venuto qui come ex tossicodipendente con problematiche piuttosto visibili legate alla tossicodipendenza. In quest'istituto si creano delle dinamiche molto particolari, il rapporto con gli operatori… con la stessa direttrice…qui ad esempio abbiamo pochissimi casi di autolesionismo, è rarissimo. Se un ragazzo ha un problema la direttrice è sempre disponibile, hanno un rapporto diretto con lei. Si cerca di fare in modo che i ragazzi vivano il periodo che devono stare qui nel modo più sereno possibile.

Si sono verificati episodi di violenza tra i ragazzi?

Certo è capitato , ma la maggior parte sono per motivi non gravi. Certo negli ultimi tempi è più difficile, le cose sono cambiate, molti dei rapporti qui dentro dipendono da quello che succede fuori, mi riferisco alle famiglie degli scissionisti. La realtà delle famiglie a Napoli è molto complessa e questo si vede anche qui dentro, si riflette nella vita del carcere. Ci può essere il ragazzo dei Quartieri che non va d'accordo con il ragazzo di Secondigliano, o con un altro gruppo di un altro quartiere di Napoli. Questo si vive qui, però in qualche modo cerchiamo di mediare le situazioni ed evitare che degenerino.

Non mi ricordo di un rissa di gruppo da almeno sei sette mesi. Se c'è stato qualcosa è stato più per qualche singolo ragazzo del gruppo. Ad esempio di solito vengono discriminati gli stranieri, non perché siano stranieri, ma in quanto chiedono “delle cose in più”, chiedono continuamente, o magari non tengono pulita la stanza e questo fa arrabbiare gli agenti che ce lo segnalano, allora gli italiani dicono che è colpa degli stranieri se poi le guardie fanno più pressione anche su di loro. Ma anche qui delle prese di posizione di massa capitano molto raramente e normalmente si riesce a gestire la situazione.

Ma come mai ci sono tanti ragazzi di Napoli?

Perché la maggior parte di loro viene da lì. Non abbiamo molti ragazzi della provincia di Caserta.

Che tipo di rapporti hanno i ragazzi con le guardie?

Diciamo che molti di loro sono collaborativi.

E con voi operatori?

Con noi e anche con i ragazzi. Ci informano su quello che succede ai ragazzi…Certo loro hanno anche sempre un compito di controllo e contenimento però devo dire che sono molto collaborativi. Anche quando i ragazzi diventano offensivi cercano di capirli, certo, poi cambia da agente ad agente, ci può essere quello più collaborativo e quello meno. Bisogna anche dire che i ragazzi sono molto furbi, anche nei nostri confronti. È anche vero che noi non siamo così ingenui e non crediamo sempre a tutto quello che il ragazzo dice. A noi di solito chiedono di avere i colloqui con i familiari, oppure di avere chiarimenti su quello che succederà, su quanto tempo devono stare qui. È questa prevalentemente la nostra funzione, di chiarimento, soprattutto sulle questioni giuridiche e rispetto all'iter giudiziario. Questo aspetto di solito contribuisce molto a calmare il ragazzo.

In che modo collabora l'équipe che ha in carico i ragazzi?.

Se il ragazzo è giudicabile la prima cosa che facciamo come educatori è quella di segnalarlo al servizio sociale che assegna un assistente sociale. Lei viene immediatamente qui a fare il colloquio per cui nel giro di quindici venti giorni riusciamo a costituire una prima équipe interdisciplinare. Le assistenti sociali del Ministero sono sempre in collaborazione con quelle del territorio per cui se il ragazzo è stato segnalato al servizio sociale territoriale, e quindi è conosciuto dall'assistente sociale del comune, è normale che l'assistente dell'U.S.S.M. la contatti e si faccia mandare informazioni sulla situazione personale e familiare del ragazzo.

Quale attività riscuote più successo tra i ragazzi?

Mah, i ragazzi vogliono soprattutto l'accoglienza, vogliono essere ascoltati. Per cui ad esempio i ragazzi che fanno il corso per pizzaioli si trovano davvero bene. Io sono stato da loro stamattina ed erano tutti e cinque con la moglie del pizzaiolo che parlavano di cloruro di sodio, a cosa serve ecc. Erano tutti molto interessati, volevano sapere quanto ne serve e altro. E pensare che sono ragazzi che fino a ieri erano in mezzo ad una strada…Ma questo perché? Perché sia Marco, il pizzaiolo, che la moglie, sono molto accoglienti, danno molto ascolto ai ragazzi, capiscono le esigenze, parlano con loro, tutti si mettono in gioco ed affrontano insieme i problemi; questo ai ragazzi piace tantissimo…scatta qualcosa.

Che percentuale di ragazzi è tossicodipendente e quali sono le principali sostanze usate?.

La percentuale è del 40% circa, la maggior parte sono cocainomani o eroinomani oppure fanno uso di crack. Poi tutti fumano l'hascish. Si collabora con il Ser.T anche se il servizio è a chiamata, e perché un ragazzo sia preso in carico è necessaria la dichiarazione di tossicodipendenza. In queste cose ovviamente è fondamentale la disponibilità del ragazzo, inutile fare progetti se poi il ragazzo non è pronto a collaborare, non si inserisce nessuno con la forza. Ci sono molti ragazzi comunque che accettano di fare un percorso di recupero come pure ci sono ragazzi che non si riconoscono tossicodipendendenti per cui non sono disponibili ad essere inseriti in comunità e a fare un percorso terapeutico, però sono di solito più disponibili per un percorso rieducativo.

La chiacchierata con l'educatore viene interrotta perché ci chiamano per mangiare e a mensa ci ritroviamo a tavola con la direttrice e parte del personale amministrativo. Dopo pranzo l'educatore con il quale ho parlato prima mi dice che deve accompagnare, insieme ad un ragazzo della polizia penitenziaria, un ragazzo detenuto in una casa famiglia poco distante dall'Istituto dove quest'ultimo lavora come volontario nell'assistenza ai bambini ospiti. Mi propongono di andare con loro “Così ti rendi davvero conto di com'è una giornata tipo di un educatore” ed accetto volentieri.

Durante il tragitto l'atmosfera è molto rilassata, e l'agente mi racconta di come tutti in istituto cerchino il più possibile di collaborare nel tentativo di creare contatti con il territorio per l'inserimento dei ragazzi; ci fermiamo un po' prima a visitare una piscina dove vorrebbero poter portare i ragazzi. L'educatore e l'agente parlano con il proprietario e ci fanno visitare la piscina. Mi spiegano che lavorare in un luogo decentrato se da un lato penalizza per gli aiuti economici, dall'altro facilita il contatto con le persone che vi abitano. Ci sono ben quattro ragazzi che lavorano all'esterno e non è facile, due sono presso un laboratorio di restauro mobili, uno lavora in piscina ed uno in tipografia. Il ragazzo che accompagniamo è un “definitivo”; la mattina frequenta il corso in pizzeria dalle 9.00 alle 13.00. Lì sono inseriti cinque ragazzi dell'Istituto e cinque ragazzi a rischio segnalati dai servizi sociali. Poi fa volontariato due volte la settimana e lavora anche in pizzeria.

Arriviamo alla casa famiglia, è una villetta con un giardino tutto intorno dove è stata allestita una micropiscina per i piccoli. Ci vivono un nonno, una nonna, le due figlie con i mariti ed una nipotina di due anni più i sette bambini ospiti che hanno dai due ai tredici anni. I bambini si stanno preparando per fare il bagno in piscina, salutano calorosamente il ragazzo dell'I.P.M., l'agente e l'educatore. Una bambina piccola va in braccio a quest'ultimo, ci fermiamo per fare due chiacchiere mentre ci offrono il caffè ed il ragazzo accompagna alcuni dei bambini in giardino.

Di ritorno in I.P.M. incontriamo la direttrice che poco dopo ci raggiunge nel suo ufficio ed incomincia a parlarmi di un progetto di inserimento socio lavorativo nel quale sono stati inseriti alcuni ragazzi dell'Istituto: il “Progetto Merloni”.

Intervista alla Direttrice dell'I.P.M. di Airola dott.ssa Mariangela Cirigliano

Ed in cosa consisterebbe il progetto Merloni?

Il progetto ha interessato il nostro istituto ma attualmente è sospeso, è stato portato avanti per tre anni di seguito, l'Indesit, l'Aristonon, le società di Vittorio Merloni hanno fatto un progetto ed hanno assunto a tempo determinato dei nostri detenuti. Andavano al lavoro in fabbrica. Prendevano una paga sindacale e c'era un tutor, uno dei nostri ragazzi, che aveva bisogno di lavorare ed aveva buone capacità educative, lui li accompagnava a Teverola con la macchina dove è la sede di lavoro. Spesso quando veniva meno il tutor per poter continuare il progetto erano i nostri agenti ad accompagnare i ragazzi la mattina e il pomeriggio. C'è stato ad esempio uno dei ragazzi cinesi che ha fatto l'esperienza di fabbrica e prendeva una paga sindacale.

Com'è nato il progetto?

Il progetto Merloni era di un Associazione che poi lo ha esteso a noi ed è stato il primo incontro con il privato; tra l'imprenditoria ed il Ministero di Grazia e Giustizia. Però molti ragazzi che sono transitati dall'Istituto a questa associazione hanno avuto anche l'assunzione ed hanno lavorato per due tre anni. Sappiamo di ragazzi che sono rimasti in questa associazione, sono stati assunti a tempo indeterminato, hanno messo su famiglia e pare ce l'abbiano fatta.

Mi può parlare dell'accordo di Programma tra P.R.A.P. e C.G.M.?

Sì, esiste un Accordo di Programma tra P.R.A.P. (il Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria Campania) e il C.G.M. per la Campania ed il Molise. Ecco questo è un accordo di programma credo il primo, fatto proprio in Campania; mi diceva il mio dirigente che ne stipuleranno uno anche in Lombardia.

Quali ragazzi coinvolge?

È pensato per quei ragazzi con i quali abbiamo avviato un trattamento e per i quali un passaggio alle strutture adulti più grandi potrebbe provocare l'interruzione dei percorsi educativi avviati. Per cui c'è un accordo tra noi ed il Provveditorato adulti per evitare un passaggio traumatico alle strutture degli adulti; secondo questo accordo i ragazzi che hanno già un trattamento avviato o comunque una situazione giuridica o trattamentale particolare, delicata, vengono inviati alla Casa Circondariale qui vicino ad Arienzo dove possono proseguire il piano di trattamento avviato.

In genere si tratta sempre di ragazzi che hanno compiuto reati gravi per cui hanno fatto un lungo percorso da noi che non è opportuno interrompere; vengono perciò inviati ad altre strutture più piccole che possano permettergli di proseguire il programma che noi abbiamo iniziato. Dicono che il grosso problema agli adulti sia la mancanza di figure educative…per cui è difficile.

Cosa intende?

Ad Arienzo su cento detenuti hanno un educatore che è pure in maternità. E ce n'era uno in missione, noi abbiamo un rapporto uno a sette invece, lo viviamo in modo un po' diverso. Non so…ora prima che arrivaste voi è venuto uno dei ragazzi per farmi vedere le foto del matrimonio della sorella…capisci?. Si cerca di instaurare un rapporto di un certo tipo.

Ci sono stati episodi di autolesionismo?

Due anni fa abbiamo avuto qualche episodio di autolesionismo ma ora non più. Con ragazzi cerchiamo sempre di parlarci, di capire quali sono le loro esigenze e se c'è il modo di andargli incontro.

Che tipo di cambiamenti ha visto da quando è qui?

Da quando sono arrivata io questo istituto ha sempre sperimentato programmi all'esterno, un po' perché è un piccolo centro, un po' per la posizione, diciamo che questa è una realtà che ha accolto l'Istituto. Fosse solo per la sua posizione urbanistica, diciamo che non la può espellere, la deve comunque accettare. Sicuramente si può dire che c'è un fattore molto importante, il fatto che siamo tutti operatori giovani…come dire, questo aiuta i rapporti con l'esterno e poi diciamo che noi ci impegniamo per dare visibilità all'esterno a quello che facciamo. Questo aspetto per noi è molto importante.

E le realtà del territorio partecipano?

In generale il territorio collabora, bisogna dirlo. Anche perché ci conoscono, se la gente comprende che questi ragazzi sono seguiti è anche disposta a dare una mano; c'è necessità di farsi conoscere e di acquisire visibilità altrimenti l'I.P.M. rimane sempre e solo una realtà chiusa.

Ad esempio che c'è questo accordo con il comune per utilizzare il nostro questo teatro per un incontro sulla giustizia, l'anno scorso è venuto un senatore, a noi serve di far capire il lavoro che facciamo, anche per il territorio, se non capiscono quello che fai, se rimani una realtà chiusa, non puoi aspettarti di coinvolgere il territorio nelle tue attività”.

E cosa mi può dire rispetto al bisogno di formazione?

Quello c'è sempre, basta vedere che io sono una persona che dal '92, quando sono stata assunta, ha fatto quindici giorni di formazione e poi più nulla. La formazione la faccio attraverso i ragazzi…in diretta.

Ma se lei dovesse consigliare dei temi per la formazione, a che cosa penserebbe?

Non so, ad esempio… sulla gestione del personale, che vedo molto difficile, soprattutto per la commistione tra personale civile e militare…

Lei qui ha fatto tutto da sola ad esempio?

Sì,…quindi sulla gestione del personale, e poi anche sui compiti amministrativi ad esempio. Considera che io ho anche il compito di funzionario delegato e quindi sono soggetta a controlli della Corte dei Conti per quanto riguarda la gestione delle risorse che provengono dal Ministero per cui, voglio dire, certo che c'è bisogno di formazione e di saperne di più. Poi ovviamente sarebbe utile una formazione sulla gestione dell'utenza, soprattutto in considerazione dei cambiamenti recenti.

Come è cambiata l'utenza?

È cambiata molto. Ci sono gli stranieri ma cambiano anche i nostri adolescenti, sono molto più problematici, come dire, si va un po' per tentativi a volte, ci salva il fatto che abbiamo dei punti fissi come quello di stare il più vicino possibile ai ragazzi. Questa è la nostra maggiore tutela e la nostra formazione. Ciò non toglie che su molti ragazzi abbiamo incontrato difficoltà e avremmo avuto bisogno di più formazione.

Che tipo di cambiamento rilevate nell'utenza?.

La cosa più rilevante è l'aumento di persone con problemi di tipo psichiatrico. L'Asl finora non ha fornito nessun tipo di intervento in questo settore, domani ho un'incontro con quelli del Centro di Igiene Mentale e forse faremo un Protocollo di Intesa. Abbiamo sopperito a questa esigenza finora grazie a contatti vari nell'ambito sanitario, per due anni è venuto uno studioso di problemi psichiatrici dell'adolescenza e mentre faceva la sua ricerca ci ha dato anche una mano.

A titolo volontario?

Sì. Ed ecco il più grosso cambiamento è proprio questo. Poi devo dire che ho visto un grande cambiamento negli adolescenti…nel senso che sono come abbandonati, è un'adolescenza più vuota, io da quando sono arrivata ad ora posso dire che i ragazzi di una volta erano diversi, anche nell'ambito della devianza avevano più contenuti. Adesso sono proprio, non so…”ti fanno cadere le braccia”. Se vogliamo possiamo dire che commettono reati più gravi ma per futili motivi. E questo ti dimostra che alla fine sono ragazzi che non hanno grossi strumenti o grosse risorse, mentre invece io mi ricordo di aver conosciuto ragazzi che pur avendo commesso reati e facendo parte di famiglie camorriste erano ragazzi con qualche contenuto. Ora sono come il riflesso in negativo dell'adolescenza tra virgolette sana fuori, che è per così dire priva di contenuti. Piano piano noi lavoriamo su questo, rappresentiamo un'opportunità soprattutto per quei ragazzi che vogliono…

( La Direttrice guarda verso la porta, poi continua…)

Aspetta che ora te ne presento uno , (chiama un ragazzo che aspettava sulla porta)

Prego entrate, sì, fatelo entrare.

(Entra un ragazzo dagli occhi vispi che nel frattempo era giunto alla porta accompagnato da alcune guardie).

Ecco lui è ……, maggiorenne non ti preoccupare.

(Tra le guardie c'è anche il ragazzo che è venuto alla Casa famiglia, mi saluta affabilmente e va via con gli altri. La Direttrice a questo punto si rivolge al ragazzo).

Eh! Mò ti abbiamo chiamato qua. Questo è un nostro ragazzo che abitualmente ci chiama…scusa dì a questa ragazza tu come lo chiami a lui?

(Gli indica l'educatore, il ragazzo risponde che lo chiama “Babbo”).

Ecco! Io invece sono la “mammina”, mi scriveva le cartoline mentre era fuori …(ride). Eccone una: “vi penso sempre…vi voglio bene …un giorno vi vengo a trovare”, dopo quattro giorni è venuto, ha telefonato che si costituiva. Sembra strano ma è così, per cui dico, in certi casi siamo anche un punto di riferimento sotto certi aspetti. Lui è un ragazzo che aveva fatto il secondo anno di studi superiori della scuola alberghiera, è stato promosso e poi il terzo anno è uscito di nuovo. Ora lo abbiamo chiamato perché sono quattro giorni che sta facendo “il fesso”.

(La direttrice a questo punto chiede tra il serio e lo scherzoso al ragazzo che cosa indenta fare, se intende poter uscire oppure no, se vuole “fare la persona seria”).

Io gli ho già spiegato che ha un atteggiamento ambiguo e poco chiaro perché a volte va e a volte no e questo non va bene…Si deve decidere…

Breve intervista ad uno dei ragazzi dell'I.P.M. di Airola che frequenta il corso esterno di “Pizzaiolo panificatore”

 

Ok, come ti dicevo, io mi chiamo Mariapia e devo raccogliere informazioni sugli I.P.M. di Italia, cosa sono, come funzionano, cosa vi fanno i ragazzi che vi vivono. Racconta pure quello che ti pare, non devi esattamente rispondere alle mie domande.

Ok. Allora…(ride) di cosa ti parlo?.

Non so, presentati, raccontami di questo corso di cui mi stavi parlando prima ad esempio.

Allora, io mi chiamo…devo dire il mio nome?.

No, non è necessario. Magari dimmi quanti anni hai.

No perché sennò non c'è problema, lo posso pure dire…comunque io ho venti anni. Sono tornato adesso dalla pizzeria, impariamo a fare le pizze ma non solo le pizze anche i primi, la pasta, tutti i piatti.

Preparate anche la pasta?

Certo, a me qui mi piace perché faccio tante cose, la mattina c'è la signora, che è la moglie del proprietario, lei ci spiega tutto come si fa. La mattina non ci sono le persone, noi stiamo con lei e lei ci spiega. Ma io non sono stato solo qui, anche a (…), però a … facevo poco, solo falegnameria. Qui mi piace di più. E poi facciamo anche teatro, sono venuti anche a vedermi i miei genitori, erano contenti, soprattutto non se lo aspettavano, anch'io non me lo aspettavo e all'inizio avevo paura ma poi è stato bellissimo, tutta quella gente…e tu puoi far vedere a tutte quelle persone che sai fare delle cose anche se sei uno che sta qua dentro.

Quale è la cosa che ti piace di più qui e quella che invece cambieresti?.

Qui mi piace che ti danno delle possibilità, puoi fare delle cose, con il corso ti danno un attestato e ti può servire anche dopo per il lavoro. È importante!.

La cosa più bella poi secondo me è la libertà, e qui hai un sacco di tempo per pensare, per capire, e puoi sfruttare delle possibilità. Io sono stato anche al carcere degli adulti, e lì era diverso.

In che modo diverso?.

Qui hai gli operatori, qui la gente con te ci parla, lì è molto più duro, e poi non fai niente.

Che rapporti hai con gli altri ragazzi?.

Alcuni di loro sono degli amici veri. Con alcuni di loro mi trovo davvero bene, siamo molto uniti.

E che rapporto avete con le guardie?.

Buono. Certo, poi sta a te comportarti bene. Io non mi sono mai fatto riprendere per dire.

Ma poi anche con la direttrice, con gli operatori, qui se ti comporti bene ti danno una possibilità, ti ascoltano, puoi far vedere quello che vali.

Qual'è la cosa che ti è piaciuta di più fare?.

Lo spettacolo, è stata un'emozione troppo forte, ero davvero contento e non me l'aspettavo.

Ok, vuoi aggiungere qualcosa?. Puoi dire quello che vuoi.

Che…Io non avevo mai fatto un'intervista prima…(ride). No, penso di no.

Ok, ti ringrazio molto allora…

Grazie a te, figurati…Ciao!.

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