Una lettera dalle associazioni
Un processo partecipato per una soluzione sociale dell’occupazione dell’ex struttura ospedaliera
Nei mesi scorsi l’ex ospedale Luzzi sembrava destinato all’esito consueto dei tanti luoghi (aree dismesse, edifici abbandonati) in cui si attesta la nuova povertà urbana: uno sgombero forzato, che avrebbe contemporaneamente ristabilito la legalità e consegnato questa grande struttura e il suo parco ad una più consona e pregiata destinazione turistico-alberghiera.
Azzerando in questo modo le aspettative e le speranze di 400 persone, tra cui 90 bambini, che sotto il segno della totale precarietà tentano di organizzare il loro difficile percorso di integrazione, continuamente esposto al rischio di essere ricacciato indietro in nome della sicurezza e del decoro urbano.
Molto spesso le amministrazioni locali scelgono di ignorare queste situazioni, o di fronteggiarle con strumenti dissuasivi o repressivi (sgomberi, demolizioni, solo qualche volta concordati e accompagnati da una successiva soluzione, magari precaria anch’essa) che ‘risolvono’ solo momentaneamente il problema, ma che spesso creano situazioni di ancor maggiore precarietà.
Forze di polizia e ruspe entrano in ballo quando gli interessi per una valorizzazione economica delle aeree diventano più pressanti, o quando il gioco politico rende utile l’esibizione muscolare di legge e ordine.
Il risultato è che, uno dopo l’altro, gli spazi ancora disponibili come opportunità di insediamento o di abitazione per chi è escluso dalla possibilità di avere una casa vengono consegnati – con tanto di retorica della legalità e della riqualificazione – ad usi poco sociali e molto privati, impoverendo sempre più la capacità delle città di rispondere adeguatamente alle necessità di accoglienza e di alloggiamento.
Invece, a cavallo di questa estate, è accaduto un fatto nuovo: la richiesta di fermare lo sgombero del Luzzi (che sembrava imminente) e di costruire una diversa soluzione, avanzata dagli occupanti e, con loro, dal Movimento di lotta per la casa, è stata raccolta dalla Regione Toscana e da altri soggetti dell’associazionismo e della società civile fiorentina. Questa diversa soluzione prevede l’apertura al territorio e agli attori sociali che sono disponibili a partecipare alla definizione di una soluzione fondata su funzioni pubbliche e sociali; la reciprocità e la contestualità degli impegni che le parti hanno assunto, senza che ci sia un ‘prima’ e un ‘dopo’ tra quelli a carico degli occupanti e quelli delle istituzioni; il fatto che nessuno dei partecipanti al tavolo proposto dalla Regione Toscana deve pretendere di precostituire le soluzioni e i punti di approdo, che devono essere lasciati al libero esito di un processo di largo confronto.
Su questo difficile percorso pesano però le volontà che ancora, con varie motivazioni, premono per lo sgombero e per la vendita dell’immobile.
Chiediamo alla Regione Toscana di rilanciare con forza il percorso annunciato, rendendolo visibile e partecipato, coinvolgendo sin da subito movimenti, associazioni, enti di ricerca che hanno messo a disposizione il loro impegno e le loro competenze per fare in modo che la vicenda del Luzzi rappresenti un punto di svolta rispetto al trattamento del problema dell’esclusione abitativa e degli insediamenti precari e irregolari. Un problema che in definitiva mette in discussione le procedure di utilizzo dello spazio urbano e richiama le responsabilità di governo locale rispetto alla soddisfazione delle esigenze primarie (come quella della casa) di chi vive nella città.
Fondazione Michelucci
Arci Toscana
Arci Firenze
CNCA Toscana
Rete del Nuovo Municipio – nodo toscano
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