Introduzione di Sabrina Tosi Cambini Il progetto europeo La scelta di realizzare questo cd-rom nasce da un
percorso – ancora attivo - che ha visto Il
progetto denominato “The Protection of Children In and From Prison”
- finanziato dal Programma AGIS 2005 della Commissione Europea (fig.1)
- ha come obiettivo generale, infatti, quello di sviluppare un sapere
comune e un modello di prassi rivolti in particolare alla tutela della
salute all’interno delle carceri minorili nonché alla vulnerabilità
del minore (intesa in senso lato) in una condizione di reclusione.
Il discorso vorrebbe allargarsi e andare a toccare anche la “prevenzione”
di comportamenti a rischio da parte del minore prima della possibilità
della detenzione e il supporto – sia in termini di risorse economiche
che umane – che gli viene offerto nel momento in cui esce dal carcere. Il
progetto è stato pensato in linee generali che
sarebbero state tracciate via via in maniera specifica dai partners e
sviluppate assieme. A seguito del primo meeting avvenuto alla fine del novembre
2004, è stato impostato il lavoro della prima fase (a carattere “propedeutico”
rispetto alle due successive) che
richiedeva una prima indagine a carattere conoscitivo generale su una
serie di aspetti (dalla tutela della salute ai progetti e alle risorse nel momento
dell’ uscita dalla prigione, dai bisogni medici alle opportunità di studio e di
lavoro, da un profilo del personale/professionisti coinvolti nella formazione
dei giovani detenuti ecc.), facendone un primo quadro nazionale. A
seguito del II meeting tenutosi a Firenze nei primi giorni di marzo 2005,
durante il quale è stato presentato un primo report, è stato deciso di
proseguire su questa linea conoscitiva, improntando Il
Convegno diventa in ultima istanza il main event del progetto, occasione
per un proficuo – questa è la nostra speranza - confronto internazionale e di
arricchimento. Il lavoro svolto dal
partner italiano: il “senso” dell’indagine e
gli aspetti metodologici Dalla rete “dichiarata” inizialmente ad un vero e
proprio lavoro “di rete”, passano occasioni di conoscenze a livello umano e
professionale, scambi di idee, di pensieri su, di pratiche, di comunicazione
continua. Il gruppo europeo in questo anno, da una parte ha lavorato per la
produzione di materiali, dall’altra per la costituzione reale di questa rete
che a partire proprio dal Convegno di Dicembre dovrebbe aprire ad un lavoro
comune delineando le linee operative di una sperimentazione da avviare in ogni
singolo Paese. Consci di questo, abbiamo pensato che per la nostra
équipe la cosa più interessante fosse quella di realizzare uno strumento a
carattere conoscitivo che fosse e di interesse per uno scambio internazionale e
di utilità per uno sguardo interno. Il percorso che abbiamo dovuto seguire,
purtroppo, non è stato lineare, avendo dovuto accordarsi alle vicende
burocratiche del progetto europeo cha nella scorsa primavera ha visto una
rivisitazione del piano economico, portandoci ad interrompere l’ indagine per
circa un mese e mezzo. Ciononostante, grazie anche alla disponibilità dei
soggetti – persone e Istituzioni – contattati, abbiamo potuto realizzare la
nostra idea di ricerca. Vediamola. Anzitutto parlare di carceri minorile apriva
immediatamente ad una serie di attori coinvolti di diversa “natura” e ad una
scelta – a partire dalle limitate risorse a disposizione – di quali fra questi
coinvolgere in prima persona. Secondo, e questa era la questione più spinosa,
di fronte all’impossibilità di fare un’etnografia[1],
si poneva una domanda basilare: come parlare di un luogo chiuso dal fuori delle
mura, non essendo né direttori, né educatori, né agenti di polizia ecc., né
tanto meno ed evidentemente minori entrati nel circuito penale?, come farne
uscire qualcosa che sapesse raccontare almeno in minima parte cosa vi accade?.
Di conseguenza, abbiamo pensato di far raccontare dalle persone “dentro” (e
anche da alcune che sono preposte a seguire il minore “fuori”) in maniera
strutturata chi e cosa c’è nell’Istituto penale, secondo gli argomenti che
erano stati fissati nei meetings del progetto di novembre 2004 e marzo 2005. Si
è detto in “maniera strutturata” per due ordini di motivi: vi era la necessità
di rendere comparabili le situazioni descritte, dall’altra di fare un quadro
della situazione in grado di rendere contemporaneamente e della dimensione
nazionale e della particolarità di ogni singolo IPM/territorio. D’altro canto noi,
l’équipe, ci muovevamo all’interno di linee generali, quelle appunto dettate
dalle decisioni progettuali in ambito europeo, ma che comunque lasciavano spazi
liberi alla nostra “immaginazione” scientifica. Abbiamo perciò rivisitato uno
strumento classico della ricerca – il questionario – soprattutto nella sua fase
di elaborazione e di utilizzo, per la creazione di una sorta di primo e
sperimentale “osservatorio” sugli
Istituti penali minorili in Italia. La stesura del questionario è frutto di una
ricognizione bibliografica, delle tematiche scelte in sede europea e da due
visite, corredate da altrettanti colloqui con gli educatori e il direttore, all’Istituto Penale Minorile di
Firenze. Con autorizzazione del Dipartimento di Giustizia
Minorile del Ministero della Giustizia, sono stati contattati i singoli
diciassette IPM e inviati i questionari, volutamente senza indicare chi
dell’organico dovesse compilarlo, lasciando agli Istituti la libertà di
scegliere secondo le loro necessità e secondo la loro logica interna (con la
precisazione però di indicarlo sul questionario). La ricchezza espressa dalla
diversità dell’impostazione con cui il questionario è stato compilato da
ciascun IPM, è data anche da questo fattore. Inoltre, a partire dalla
impossibilità di visitare tutti gli IPM, ne sono stati scelti alcuni secondo la
dimensione e la distribuzione territoriale nazionale ovvero: Torino, Milano,
Bologna, Firenze (anche con tutti i partner europei in concomitanza del meeting
di marzo), Roma, Nisida, Airola (e colloquio col CGM di Palermo); preziose
opportunità che hanno arricchito notevolmente il nostro lavoro e la nostra
percezione della complessità di quei luoghi. La sezione “Gli Istituti Penali Minorili” qui
proposta, apre dunque ad una scheda per ciascun IPM (in versione italiana e in
versione inglese) che vede la riproposizione delle “voci” delle persone
attraverso la diretta immissione dei loro scritti nelle parti che riprendono
gli items del questionario[2].
Consapevoli dei rischi di tale operazione – in primis per quanto
concerne l’omogeneità delle schede stesse
- abbiamo optato per la “vivacità”, lo “stile”, il punto di vista, in
fin dei conti per l’ originalità e il vissuto che c’è dietro ad ogni scrittura.
Così possiamo leggere senza filtri una sintesi di quali difficoltà o
potenzialità pensano vi siano all’interno di ciascuna struttura le stesse
persone che vi operano; oltre a poter trovare espressioni di appartenenza come
“il nostro istituto”, i “nostri ragazzi” o l’utilizzo di un differente
linguaggio nella descrizione di situazioni. Certamente per coloro che
rincorrono l’ “oggettività”, questa nostra scelta può suonare poco scientifica,
ma visto il carattere sperimentale di tutto il nostro iter, abbiamo preferito
spostare l’ago della bilancia – fin dove i limiti del progetto e del materiale
lo concedevano – verso l’emergenza di
punti di vista e di lettura delle situazioni. Segue questa logica anche la
sezione “Articoli e materiali/Papers” , dove si raccolgono i contributi
provenienti da una ONG internazionale (Save the Children), da associazioni di
giuristi e avvocati (DirittiMinori; Altro Diritto), dal Centro per Accanto a queste
due parti, ve n’è una che tratta i dati statistici provenienti da più fonti e
studi – Rapporto sullo stato della sicurezza in Italia 2005, Dipartimento della
Giustizia Minorile, Dipartimento della Giustizia Minorile dati INTERPOL Internazional
Crime Statistic , CENSIS, Centro nazionale di documentazione e analisi sull'infanzia e
l'adolescenza, Comitato Minori
Stranieri non Accompagnati ecc. – inquadrando i trends della criminalità
giovanile di almeno l’ultimo decennio e le problematiche attuali di particolare
urgenza e rilevanza, per rispondere alle
quali è necessario sperimentare nuovi percorsi sia di prevenzione che di
rapporto con i minori detenuti e, ad un livello superiore, di politiche
dell’area giuridica e sociale. Problematiche, tutte queste, che si connettono
fortemente anche con quanto emerge dalle schede sugli IPM e dagli articoli degli
esperti: minori non accompagnati (vittime in molti casi di tratta) uso e abuso
di sostanze stupefacenti, problemi di forte disagio che a volte arrivano ad
investire l’area della psichiatria, l’aumento della violenza nei reati commessi
(in primo luogo dai minori italiani), lo spesso insufficiente supporto esterno
al momento della scarcerazione e il rapporto dell’IPM con l’esterno
generalmente non privo di difficoltà. Segue un contributo
che va ad indagare il ruolo dei Servizi Sociali per i Minorenni dal momento in
cui il ragazzo è soggetto a procedimento penale, alla modalità di presa in
carico del minore, alla elaborazione del progetto e alla sua attuazione, nonché
al lavoro di rete dei Servizi e alle loro attività di prevenzione del disagio
giovanile. Il senso di questo lavoro, dunque, sta nel rendere
comunicabile ad estranei (Paesi partners) la situazione da un punto di vista
legislativo (organizzazione del sistema giuridico e del procedimento penale
minorile) e dare loro un quadro di ciò che sono le carceri italiane e il lavoro
che viene svolto al loro interno col minore. Ma sta anche nel cercare di
rendere condivisibili e scambiabili tra loro le esperienze maturate all’interno
dei singoli Istituti e quella che è la loro situazione attuale, sperando di
contribuire ad attivare un canale comunicativo utile a tutti i soggetti
coinvolti. Considerazioni Approcciare la tematica in oggetto non è stato
semplice, gli IPM sono una questione assai ingarbugliata per tanti motivi. Uno,
senz’altro quello che lo rende a mio avviso il luogo delle contraddizione, è la
compresenza di forze che tirano su assi differenti: quella che alla base mette
l’educazione verso un individuo che è per definizione in formazione e quella
che alla base mette la punizione. La prima si rappresenta con i progetti, i
laboratori, le attività (il contenuto), la seconda con le mura, le sbarre, le
porte chiuse a chiave, le regole, il controllo, la violenza – quella della
privazione della libertà in primis – (la forma). Come dire, io metto dentro
ad un cilindro un cubo, ovvio che qualcosa non tornerà. Ma non è certa finita
lì, non è certo solo questione di forma e contenuto perché siamo di fronte
anche a persone e a paesaggi mentali che attraversano l’una e l’altro. Il
direttore, gli educatori, gli psicologi, i medici, i mediatori culturali, i
volontari, la polizia penitenziaria ecc. e la pedagogia, la psicologia
infantile, la sociologia della devianza, l’antropologia criminale, il diritto
penale ecc. Questo solo parlando del dentro, tralasciando il sistema e il
territorio di riferimento. Al centro - o giù di lì - di questo turbinio, il minore o il giovane
adulto. Maschio, femmina, rumeno, albanese, marocchino, cinese, sudamericano,
dell’ex-Jugoslavia ... . Dall’appassionato dibattito sulla decarcerizzazione,
a quello recente sull’età dell’imputabilità, ci troviamo di fronte a giovani
vissuti che per la più alta percentuale sono stati strappati dalla dimensione
dell’adolescenza attraverso lo sfruttamento, e questo vale - anche se con
dinamiche assai diverse - e per i ragazzi stranieri coinvolti nella tratta di
esseri umani che per i minori italiani delle famiglie della criminalità
organizzata. La violenza impregna la vita di questi ragazzi molto prima di
imbattersi nel sistema penale, ma continua ad esservi presente nel momento in
cui si trovano rinchiusi in una struttura detentiva: se è vero che attraverso i
laboratori, le attività, i corsi scolastici ecc. si cerca di prendersi cura di
loro, è senz’altro vero che è il luogo medesimo – coatto e privo di una
possibile autonomia decisionale del ragazzo su di sé – a mantenerne la
presenza. Non sono assenti periodici episodi di autolesionismo (anche “a
catena” per un effetto di emulazione) o problemi di forte disagio legati alla
dimensione ristretta. Tra i lavori che vengono fatti all’interno delle
mura carcerarie spiccano, allora in tal senso, quelli legati alla sfera del
vissuto e alla ricerca di forme d’espressione del ragazzo: i giornalini, il
teatro, i laboratori artistici. Far sentire il ragazzo investito di fiducia
nelle sue possibilità e contemporaneamente costruirgli una reale rete di
supporto all’esterno, questi sembrano emergere quali elementi su cui insistere:
è bene lavorare all’interno, ma è l’esterno che bisogna rendere anzitutto
pronto ad accogliere il minore al momento della sua uscita. Questo sembra
essere ancora il nodo principale su cui vanno concentrate maggiori risorse in
termini economici ma anche di investimento progettuale, di coraggio nello
sperimentare nuovi percorsi e di impegno politico locale, nazionale e europeo. [1] Per le
risorse a disposizione e per il mandato progettuale. [2] In
particolare: Cenni storici - descrizione degli spazi e organizzazione
funzionale; Minori detenuti numero attuale – n. italiani /n. stranieri - media
approssimativa ingressi ultimi tre anni; note sui cambiamenti dei detenuti
negli ultimi dieci anni; n. operatori e qualifica professionale – altre
professionalità- n. agenti di polizia penitenziaria – corsi di aggiornamento per il personale e tematiche trattate –
rapporto operatori/agenti/minori detenuti; Organizzazione della didattica e
considerazioni; N. dei laboratori-descrizione; Minori con problemi di
tossicodipendenza - risposte e progetti ad hoc – minori con problemi
psichiatrici – risposte e progetti ad hoc
- disagio dei minori procurato dalla vita forzatamente in comune del
carcere – percezione del rapporto fra i ragazzi – altri progetti sulla salute
attivi – personale sanitario presente ; l’IPM e la città; possibilità di uscire
dal carcere; Potenzialità e bisogni percepiti dagli operatori. Nel momento
dell’immissione dei dati nelle schede, ci siamo mantenuti fedeli alla scrittura
del questionario, operando solo in pochi casi lievissime modifiche legate alla
resa visiva (elenco puntato al posto di virgole, spazi tra le righe e simili). |